I
conti degli altri
il Peccato Tedesco sul Debito
Angela Merkel paragona l' Italia
alla Grecia. Per quanto si possa dir male del nostro governo, il cancelliere
sbaglia. Roma non ha mai mentito sui suoi conti pubblici come ha fatto Atene. E
poi la Germania dovrebbe comunque rispettare un partner commerciale dove esporta
più che in Cina. E infine, quanto a debito pubblico, il governo di Berlino si
avvale di antiche furbizie. Che, alla vigilia della sentenza della Corte
costituzionale di Karlsruhe sui salvataggi già fatti e in vista della seduta
del Bundestag di fine mese sul piano salva Stati, vale la pena di ricordare. Da
16 anni la Germania non include nel suo debito pubblico le passività del
Kreditanstalt für Wiederaufbau, meglio noto come KfW, posseduto all' 80% dallo
Stato e al 20% dai Länder, altri soggetti pubblici. Si tratta di 428 miliardi
di euro interamente garantiti dalla Repubblica federale. La KfW fa mutui a enti
locali e piccole e medie imprese. Detiene partecipazioni cruciali in colossi
come Deutsche Post e Deutsche Telekom. È vigilata dai ministeri delle Finanze e
dell' Industria, non dalla Bundesbank. Grazie al legame di ferro con lo Stato,
la KfW conquista la medaglia d' oro nella classifica mondiale dell'
affidabilità, stilata da Global Finance, e il massimo rating da parte di Moody'
s, Standard & Poor' s e Fitch, lo stesso della Repubblica federale. Le sue
obbligazioni sono dunque uguali ai bund. Ma a differenza dei bund, magicamente
non entrano nel conto del debito pubblico. Se vi entrassero come la logica del
Trattato di Maastricht vorrebbe, il debito pubblico tedesco salirebbe da 2.076
miliardi a 2.504 e la sua incidenza sul prodotto interno lordo 2011 balzerebbe
dall' 80,7% al 97,4%. Ancora un piccolo passo, magari per salvare qualche banca
tedesca ingolosita dai titoli di Stato mediterranei, e potremmo dire: benvenuta
Germania tra noi del club degli over 100%! La magia, che nasconde il 17% del
debito pubblico reale tedesco, si chiama Esa95. È il manuale contabile che
esclude dal debito pubblico, a integrazione dei criteri di Maastricht, le
società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono il
50,1% dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici,
tasse e contributi. La serietà di un tale principio è paragonabile alla
considerazione del rischio di controparte negli Ias-Ifrs, i principi contabili
che hanno favorito il crac Lehman. Se per ipotesi KfW avesse problemi, chi
pagherebbe? Lo Stato. E senza nemmeno l' ipocrisia degli Usa che qualificavano
le loro Fanny Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae come imprese sponsorizzate dal
governo per far capire che, alla bisogna, il Tesoro avrebbe coperto, ma senza
dirle statali per non sembrare statalisti. Ora l' Italia ha la Cassa depositi e
prestiti, 70% Tesoro, 30% fondazioni bancarie, soggetti privati. La Cdp emette
anno dopo anno obbligazioni che godono della garanzia statale e sono collocate
dalle Poste sotto forma di buoni e di libretti. Mal contati sono 300 miliardi,
due terzi reinvestiti in titoli di Stato e un terzo in mutui agli enti locali.
La Cdp emette anche obbligazioni non garantite per una ventina di miliardi
destinate alle iniziative per le imprese e detiene partecipazioni rilevanti. Ma
il suo debito è per tutta la parte coperta da garanzia pubblica conteggiato nel
debito pubblico. In un mondo serio delle due l' una: o la Germania ricalcola il
suo debito come si deve perché l' Eurozona sotto attacco non accetta più
furbizie da parte di nessuno, ancorché legalizzate a forza, oppure l' Italia
deconsolida dal suo debito pubblico quei cento miliardi o giù di lì che la Cdp
usa per gli enti locali, dato che questi la scelgono su un mercato bancario
liberalizzato. Risulta che il ministro Giulio Tremonti abbia talvolta accennato
al tema. Ma quando un governo vuole incidere, compie passi formali, il premier
si mobilita, si muove anche il ministero degli Esteri. Si fa sentire sui
giornali e in tv. E se i media non capiscono, insiste: nessuno negherà un'
intervista a un ministro che voglia alzare la voce. Ma nell' Italia di oggi
quest' ipotetica voce avrebbe un suono fesso. Nessuno, lontano da Roma, le
presterebbe attenzione. Il punto è la credibilità. La Germania ne ha anche
quando fa il gioco delle tre carte. All' Italia manca anche di fronte alla
verità.
Mucchetti Massimo - (7 settembre
2011) - Corriere della Sera
Anche la condizione della Germania sta degraando rapidamente. I freni della social democrazia vengono continuamente ridotti. Ad esempio lo sviluppo economico e' costato molto, ovvero la diminuzione sensibilie, pesante, delle tasse sugli utili d'impresa. Debito pubblico e profitti privati. Penso che non siano affatto indenni dagli effetti del capilatismo parassitario, neppure essi.
RispondiEliminaLe condizioni di vita delle masse in Germania stanno anch'esse peggiorando sensibilmente.
I bilanci creativi, truffaldini si stanno espandendo anche la'.
Mah, AB, sono umani anch'essi.
Queste societa'sono del tutto insostenibili e lo sono in primis ecologicamente e poi, segue tutto il resto.
Del resto si dice che e' la mela marcia a guastare le sane, non che le sane guariscono quelle marce.
Anche in Italia l'Alto Adige sta rapidamente imparando le peggiori pratiche corrotte e corruttrici che vengono da sud. Come dice Mauro Corona, questo mondo e'(sempre piu') storto e lo e' ovunque.
Mica ho mai detto che sono inumani, solo che mi dà fastidio che facciano i primi della classe e si permettano di dire agli altri cosa fare. L'Alto Adige è una struttura artificiale, esiste perchè prende un sacco di soldi. Ora, è vero che gli stessi soldi mandati all'Alto Adige in Sicilia è come buttarli nel cesso perchè non sono capaci a usarli, intanto però Emilia e Piemonte, tanto per fare due esempi, non ricevono soldi da nessuno ma lavorano e producono per tutti.
RispondiEliminaOra non so la Barilla, che mi sembra un'azienda sana, ma la Ferrero non ha bisogno di bilanci creativi e supporti politici, va avanti come un treno e si produce persino l'energia da sola con solare e biomasse. E' vero che non si vive solo di spaghetti e Nutella, però è già qualcosa.
RispondiElimina