domenica 27 aprile 2014

The Limits To Growth

Oggi ho seguito con interesse su RAI Storia un'analisi di una interessante ricerca effettuata negli annni settanta da un gruppo di studiosi americani e scandinavi su richiesta del Clud di Roma (un'associazione attenta ai problemi globali) alla loro università, l'Istituto della Tecnologia del Massachussets.

Tale ricerca si focalizzava sui problemi che sarebbero derivati dalla mancata sostenibilità di una crescita incontrollata, e i resoconti e le teorie furono pubblicate nel 1972 nel libro "The Limits To Growth", ovvero "I limiti dello sviluppo". In pratica venivano anticipati i problemi attuali relativi alla sovrappopolazione, alle carenze di risorse e di cibo e di combustibile ed a quanto è spesso al centro ancora oggi di aspre discussioni. La differenza è che all'epoca, a parte la crisi petrolifera del '73, il problema era parecchio sottovalutato, anche perchè in piena guerra fredda contro il comunismo era difficile difendere un modello decisamente anticapitalista, oggi però le cose iniziano a cambiare.

In parte alcune speranze si sono realizzate: il riciclo dei rifiuti, l'ampio ricorso ai pannelli solari nelle case (reso obbligatorio nelle nuove), ma molto resta ancora da fare.

E' davvero interessante sapere che già più di quarant'anni fa qualcuno vedesse così lontano, ma è ancora più interessante vedere che la natura non ha fatto in tempo ad intervenire pesantemente come teorizzavano i ricercatori perchè in fondo, uno dei più gravi problemi, almeno nel mondo occidentale, si è risolto in modo meccanico: quello della crescita della popolazione.

Ormai le popolazioni occidentali sono di fatto ferme al palo, e la cosa è stata resa possibile non dalla carenza di cibo, o da malattie, o dalla consapevolezza della limitatezza delle risorse. E nemmeno dal cambiamento climatico. E' stata risolta dal semplice fatto che il sistema consumistico, così attento ad aumentare il numero dei consumatori, si è dimenticato di tutelare il tenore e la qualità di vita del consumatore. Il consumatore infatti se non lavora o se guadagna poco, non spende, consuma il meno possibile, non fa figli e blocca così lo sviluppo voluto dal turbocapitalismo. Come dire che la malattia aveva in sè la cura. Certo ci sono ancora problemi grossi da risolvere, ma questo, almeno, fa ben sperare.