venerdì 28 settembre 2012

E adesso diranno che ha torto.

Lo dico da mesi, come soluzione alternativa ad un "euro mediterraneo" o all'uscita dell'Italia dall'euro. Adesso lo dice anche lui. Il problema è che non lo dice da premier, ma da deputato, e la cosa renderà difficile un suo eventuale rientro in arena, intanto però è l'unico politico che l'abbia detto (Grillo non è ancora un politico). Quello che mi fa pensare sono le immediate reazioni, soprattutto dei tedeschi. Se è ormai difficile che ritorni, se è ormai politicamente archiviato et cetera, perchè si occupano tanto di una dichiarazione di un vecchietto di settant'anni? Non è che magari magari, da vecchio imprenditore, il Silvietto ha detto una mezza verità che poi tanto mezza non è? Ai posteri l'ardua sentenza, di certo, i paragoni (ridicoli) con Mussolini da oggi finiscono qui: lui e  i tedeschi d'accordo non ci vanno proprio per niente. Io stesso ormai, preferisco gli austriaci, se non altro per affinità montanare  :)


"...c'è una seconda soluzione possibile: è che la Germania esca dall'euro. Non sarebbe una tragedia, anzi..."

Silvio Berlusconi, 27 settembre 2012.


sabato 22 settembre 2012

Da Sallustio a Fiorito, il malcostume politico.

IL REGIME DEI PARTITI E DELLE FAZIONI

Ceterum mos partium et factionum ac deinde omnium malarum artium paucis ante annis Romae ortus est otio atque abundantia earum rerum, quae prima mortales ducunt. Nam ante Carthaginem deletam populus et senatus Romanus placide modesteque inter se rem publicam tractabant, neque gloriae neque dominationis certamen inter civis erat: metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea, quae res secundae amant, lascivia atque superbia incessere. Ita quod in aduersis rebus optauerant otium, postquam adepti sunt, asperius acerbiusque fuit. Namque coepere nobilitas dignitatem, populus libertatem in libidinem vertere, sibi quisque ducere trahere rapere. Ita omnia in duas partis abstracta sunt, res publica, quae media fuerat, dilacerata.

Pochi anni prima a Roma sorse questo malcostume di partiti e faziosità politica e poi tutti i comportamenti negativi a causa della pace esterna e dall’abbondanza di quelle cose che gli uomini ritengono le più importanti. Infatti prima della distruzione di Cartagine il popolo e il Senato gestivano lo Stato in pace e con moderazione, ne tra i cittadini non c’era contesa ne per gloria ne per potere: la paura di un nemico esterno manteneva la società nell’esercizio delle virtù. Ma quando quel timore uscì dai pensieri dei romani evidentemente fecero il loro ingresso quelle cose che il benessere ama, la sfrenatezza e l’arroganza. Infatti la nobiltà trasformò in abuso la propria dignità, il popolo, la propria libertà: ognuno si diede a prendere per sé, ad afferrare, ad arraffare, così tutto fu diviso fra due partiti e la repubblica, che era stata sempre un bene comune, fu fatta a pezzi.
 _____

Ricordo questa versione di latino, che mi capitò di dover tradurre sui banchi di scuola del liceo. Era tratta dagli scritti di Gaio Sallustio Crispo.

La situazione che ci si pone davanti oggi è molto simile ad allora. C'è la fine di un periodo di guerre (nel caso dei romani era contro Cartagine, nel nostro caso le due guerre mondiali e la guerra fredda). C'è una caduta di ideali o forse si dovrebbe dire di adrenalina, c'è un malcostume politico diffuso e generalizzato.

Sallustio fa la morale nei sui scritti, ma poi si comporta allo stesso modo di quelli che condanna: egli si arricchì depredando la ex-Numidia che governava e incassò tangenti. Ovviamente, come sempre accade, lui accusava gli altri, come fa oggi Fiorito, l'ex capogruppo PdL in Lazio. Sallustio venne accusato di concussione, l'altro di peculato. A distanza di duemila anni, le cose cambiano poco, anche se uno è uno storico e l'altro un semplice burino.

Non voglio dire che Fiorito sia l'unico colpevole, perchè non lo è, il sistema è infestato da personaggi simili. Ad esempio il leghista Renzo Bossi e le sue spese pazze venute fuori grazie al suo autista personale che l'ha venduto ai giornali (amo il tradimento, disprezzo il traditore). Oppure l'ex sindaco Chiamparino, tanto amato dai torinesi, che ha lasciato Torino in mano al collega PD Fassino con un debito di 4,5 miliardi di euro. Vendola, il presidente della Regione Puglia, invece è stato rinviato a giudizio per lo scandalo sulla sanità della sua regione. Poi ci sono i casi famigliari: la moglie di Clemente Mastella (il parlamentare europeo PdL),  rinviata a giudizio col marito, oppure il marito di Anna Finocchiaro (la presidente dei senatori PD), Melchiorre Fidelbo, indagato per appalti illeciti a Catania. Senza nominare poi i vari Lombardo, Bassolino e compagnia bella. Ma attenzione a non fare l'errore di Craxi: tutti colpevoli, nessun colpevole. Perchè si sa che prima o poi si trova sempre un capro espiatorio, e una volta trovato, inutile lamentarsi, è troppo tardi.

E' un quadro generale a dir poco deprimente. Quello che c'è di nuovo stavolta, è che viene confermato il trend iniziato con Renzo Bossi. E non è il trend dei rubagalline, perchè non m'interessa se nel PD rubano con stile e nel PdL rubano come degli sfigati, un furto è un furto. Quello che è grave è che i cosiddetti giovani, si dimostrano peggio dei vecchi. Renzi vuole rottamare Bersani, e probabilmente ha ragione, ma attenzione a non generalizzare. Se questo è il nuovo che avanza, forse quello che bisogna cercare è una persona onesta o, meglio, una persona onesta che non perda la testa davanti ai soldi e al potere, non un giovane o un vecchio. Fiorito si è formato in uno dei pochi partiti che non avevano mai partecipato alla spartizione della torta con DC, PCI PSI, ovvero l'ex MSI. Ex MSI, ex Alleanza Nazionale, ora PdL. Ha dimostrato però di essere come quelli che prima di lui si sono arricchiti alle spalle della gente, anzi, di essere peggiore. Questo perchè si è fatto corrompere dal potere e dai soldi in un periodo in cui la cosa appare particolarmente grave, alla luce di una crisi in cui molte famiglie non arrivano alla terza settimana.

Fiorito guadagna uno sproposito, come Amato e tanti altri politici: trentamila euro al mese. Circa mille euro al giorno, uguale allo stipendio medio mensile di molta gente cosiddetta normale. Questo è un grosso problema, non solo dei politici, ma in generale di tutti i quadri dirigenti pubblici e privati. Troppi soldi senza garanzie. Bisogna pagare la gente se dà risultati, non dev'essere un automatismo. E invece niente, ed ecco il risultato. Il governatore di regione Polverini ha offerto le dimissioni, che è più di quello che abbiano fatto altri in situazioni simili, ma a me non basta. Un politico di destra (e AN si è sempre vantata di esserlo) deve dare le dimissioni e basta. Sia che fosse al corrente o meno la responsabilità resta. Se ci fosse ancora il vecchio Almirante, non avrebbe avuto nessuna comprensione.

Spero che la lezione serva a fare pulizia dentro la Regione Lazio e che spaventi anche gli altri governatori. Sì perchè questo è il secondo problema, dopo il fattore giovani. Si parla di localizzazione, microcosmi, autogestioni, federalismi e infinitamente piccolo. Eccolo qua l'infinitamente piccolo. Stavolta non è lo Stato che ruba, ma la Regione. Pensiamoci. Non è solo il problema distanza quello che permette di rubare al cittadino. Ci sono ladri in Comune, in Provincia, in Regione e nello Stato. Giovani e vecchi. Uomini e donne. Non esiste la sicurezza, nè qui nè altrove. I corrotti e gli spendaccioni c'erano nella Repubblica di Roma, ci sono in Italia, in Svizzera e in Giappone. Le cose devono cambiare e devono cambiare adesso. Non si tratta di raggiungere la perfezione, nè di fare crociate di parte in stile Mani Pulite che lasciano il tempo che trovano. E' il tempo della responsabilità. Chi sbaglia deve essere punito esemplarmente e deve essere colpito nelle due cose che brama di più: i soldi e il potere. La forza del contrappasso.

martedì 11 settembre 2012

Il suolo agricolo è in lotta contro la cementificazione.

Sembrerebbe il titolo di un post di un Uomo In Cammino, mentre è il titolo di un articolo dell'Allevatore Magazine di agosto 2012 che mi è capitato sotto gli occhi poco fa.

La rivista in questione riporta che negli ultimi quarant'anni, la superficie persa alla coltivazione è di 5 milioni di ettari. Siamo passati da 18 milioni di ettari a meno di 13. Ora, è vero che sono aumentate anche le superfici occupate da boschi (se la gente se ne va, la natura riprende il sopravvento), e le aree semplicemente abbandonate, e non è solo questione di cemento, comunque il problema nel paese della pasta è grave.

Non si tratta di ritornare ad essere un paese agricolo, nè di ricominciare a fare agricolture superintensive che non servono a nulla, si tratta semplicemente di ripensare l'agricoltura e di non vederla più come un lavoro di serie B, o peggio vedere i terreni solo come fonte di lucro per l'edilizia.

Le responsabilità non sono solo dello Stato, perchè negli anni settanta-ottanta, materie come urbanistica ed agricoltura vennero trasferite come competenza, dallo Stato alle Regioni. Ovviamente anche Comuni, Province  e varie comunità montane sono state interessate, ma anche a livello locale, i risultati non ci sono stati.

Questo perchè, secondo me, c'è sempre stato fondamentale disinteresse e ignoranza nei confronti di allevatori, coltivatori diretti et cetera. Mentre è passata una certa mentalità prettamente cittadina legata a un generico culto della natura intesa come qualcosa di quasi metafisico, e che ha creato e poi nutrito invasati di vario tipo, si è perso di vista l'unico vero uomo che se ne occupava, ovvero l'agricoltore-allevatore.

Così sono nati vegetariani integralisti, animalisti, filosofi che dissertavano dell'effetto serra ma non sapevano nemmeno cosa si coltivava a due km da casa loro nè che il latte vaccino fosse il risultato di una gravidanza bovina e non un prodotto automatico di una vacca. Vacca, non mucca. Persino nelle parole il cittadino dista milioni di anni luce dall'allevatore-agricoltore. Si è colpevolizzato l'agricoltore perchè sfruttava la terra, l'allevatore perchè uccideva gli animali ed entrambi se erano cacciatori. Persino il loro reddito era oggetto di critica, così alla fine divenne meglio lavorare 8 ore in fabbrica che 12 nei campi
e per pochi soldi. Abbandonati i terreni, sono diventati un ottimo cibo per l'edilizia selvaggia.

Che cosa ci si aspettava? Dice la rivista, prima c'erano i campi di sterminio, ora abbiamo lo sterminio dei campi.

venerdì 7 settembre 2012

Protagonismi a cinque stelle.

Ci voglio ricascare, nell'errore di parlare di un partito, ma questa volta non è un partito in parlamento, o perlomeno non ancora. Li chiamano grillini, sono i militanti del partito M5S. Dicono di non essere un partito, come lo dissero i verdi, la lega nord, i radicali, i missini, i dipietristi. Però sono un partito. Hanno idee buone e cattive, come tutti. Come tutti pensano di essere speciali. Come tutti pensano di essere il nuovo che avanza. Come tutti pensano di avere la verità in tasca. Come tutti, pensano di essere gli unici buoni e gli altri tutti cattivi. Come tutti si riempiono la bocca della parola democrazia e la sfruttano quando gli conviene.

Come tutti sbagliano.

Il fuori onda di Giovanni Favia, ma già a suo tempo l'uscita di Federico Pizzarotti all'indomani delle elezioni amministrative 2012 vinte a Parma fa saltare il coperchio dalla pentola, e rivela il solito partito in ebollizione. Le menti del partito sono due, una è Beppe Grillo, il demiurgo, il filosofo nel deserto, l'altra è Gianroberto Casaleggio, l'organizzatore, il burocrate, il manovratore.

Pizzarotti disse, appena vinte le elezioni, che erano una vittoria sua e del movimento e non di Grillo, Favia ha detto che Casaleggio manovra Grillo e il partito non è democratico. Insomma, solita storia dei giovani che si rivoltano contro i vecchi.

Ci possono essere tre interpretazioni:

1) Sono giovani quindi un po' stupidi, e non agganciano il cervello prima di aprire la bocca.
2) Sono furbi e creano tensione apposta per attirare l'attenzione e far saltare Grillo e Casaleggio.
3) Sono tutti d'accordo per attirare l'attenzione sul partito e prepararsi al voto.


Io penso che la prima sia la più probabile, perchè riflette il comportamento di una generazione lasciata un po' da parte, senza grandi ideali se non quello di considerare tutto quello fatto dalle generazioni precedenti fondamentalmente sbagliato. Nel 1968 successe più o meno lo stesso, e i risultati si sono visti.

A me Casaleggio non piace, e il Grillo sacerdote nemmeno (ma mi piace il comico, quando ricompare), tuttavia credo che quando si (stra)parla di democrazia, si debbano considerare due o tre cose. La prima è che il potere del popolo, δῆμος e κρατός, non possa essere messo in mano a tutti indistintamente e nello stesso modo, perchè non tutti sanno agire, organizzare, governare e comunicare allo stesso tempo. Ognuno deve dare il suo contributo, certo, ma  proporzionato a ciò che sa fare. Nessun altro può fare ciò che fa Grillo, e probabilmente nessun altro può fare quello che fa Casaleggio con Griillo.
Se c'è una leadership è perchè c'è un partito che ne ha bisogno. E la democrazia non è anarchia, non prevede l'assenza di un ἀρχός, di un leader. I leaders emergono naturalmente nelle società umane. Negarlo è negare le capacità individuali ad emergere. Anche Lev Trotsky aveva idee simili, il governo delle masse, però era un leader, quindi era la negazione vivente del suo stesso pensiero.

Spero che i grillini capiscano che senza testa, il corpo non vive a lungo, e che troppe teste creano solo mostri.