Il ventennio del Cav non esiste. Quante bufale per farlo fuori
Gli anni di Berlusconi al governo sono soltanto nove, ma la sinistra insiste con l'inganno. E non si accorge che questa stagione non è affatto finita
Non
ne posso più di tutti quelli che parlano del «ventennio berlusconiano».
Ripetuta come un mantra, alla fine viene accreditata come vera e
insieme viene accreditata l'analogia fra il «ventennio berlusconiano»
(che non è mai esistito né nei numeri, né nei fatti) e il «Ventennio»
mussoliniano, per suggerire l'analogia con il ventennio fascista.
L'intestino pigro del cervello italiano assorbe qualsiasi fanghiglia e dunque prende per buona questa sciocchezza dei due ventenni, come dimostra la sostanziale acquiescenza dei rappresentanti del centrodestra nei talk show. Che cosa pensa lei? È finito il ventennio berlusconiano? E quelli, docili e ipnotizzati, rispondono a tono: «Il ventennio berlusconiano bla bla bla ».
Ora, questo banale e astuto gioco di prestigio funziona perché agisce sul fragile inconscio di chi in definitiva non conosce la storia, la geografia, l'educazione civica e persino la storia dell'arte. Se così non fosse, gli ospiti ipnotizzati dei talk show insorgerebbero: «Ma di quale ventennio del cavolo sta parlando? Ma lei sa contare?».
Berlusconi vinse le prime elezioni nel 1994. Dunque, tanto per cominciare, ad oggi gli anni sono diciannove anni e non venti. Poi: levagli l'anno del governo Dini e sono diciotto. Sottrai il quinquennio di Prodi, D'Alema e Amato e scendiamo a tredici. Togli il biennio Prodi 2008-2010 e sono undici anni. Cancella il biennio cominciato con Monti e che prosegue con Letta ed ecco che il totale del «ventennio» è pari a meno della metà di se stesso: soltanto nove anni. A meno che, gli inventori della puttanata dell'infame «ventennio berlusconiano» (i ventenni sono tutti infami o infausti) non intendano riferirsi soltanto agli anni di effettivo governo di Silvio Berlusconi, ma anche a quelli del suo ruolo di protagonista della scena politica italiana.
Se è così, allora, si può anche convenire che si tratta più o meno di un ventennio, ma si può prevedere anche che questa misura ipotetica non è ancora esausta e tutt'altro che finita. Leggiamo delle complicazioni e limitazioni che verranno con l'assegnazione a non precisati servizi sociali e si vedrà che cosa potrà succedere. E anche delle possibili fratture definitive in Parlamento fra governativi e lealisti, teste quadre e teste tonde, sembra di essere tornati alle guerre parlamentari di un'Inghilterra secentesca e dimenticata.
Il fatto che ci sembra importante da segnalare ai futuri storici con le mani nei capelli, ci sembra sia quello della permanenza di Berlusconi nell'inconscio degli italiani dell'una e dell'altra parte, il suo ruolo di protagonista anche indipendentemente dalla volontà espressa dai politici, dai commentatori, dai giornalisti. È esattamente ciò che i giornalisti stranieri in genere non capiscono: il «fattore B» degli italiani, che prescinde dall'attività stessa di Berlusconi in carne ed ossa, con tutti i suoi guai, i suoi tormenti, le forze che tornano e se ne vanno, le insonnie, la tristezza, le sempre più rare euforie. Al di là di questa persona unica sullo scenario politico mondiale - e che costituisce la tanto chiacchierata «anomalia italiana» - c'è il modo di essere e di sentire del popolo italiano, tuttora in armi e schierato in formazione di battaglia della guerra civile mentale permanente della Repubblica. Quel modo di essere contiene la connessione costante con la figura dell'uomo di Arcore, non importa quali errori abbia potuto commettere. È questo che gli storici dovrebbero esercitarsi fin da oggi a spiegare, e che non riescono a spiegare. L'uomo Berlusconi è stato colpito da una salva di siluri che esplodono a poppa e a prua, teoricamente tutti lo descrivono fuori gioco, e poi vedi i sondaggi, parli con la gente comune e vedi che tutto è ancora vivo e permanente.
Il ventennio berlusconiano? O è una figura retorica subdola, oppure è l'espressione di un fatto contro il quale sbattono il naso coloro che vorrebbero eliminare l'uomo dalla scena: il tempo concesso a questo personaggio fenomenale è ancora nella clessidra, la sabbia seguita a scendere e il rito sacrificale dell'eliminazione di un leader politico per via non politica non arriverà mai a compimento. Mai finché Berlusconi resta vivo e di conseguenza attivo e protagonista, giorno dopo giorno, e lo resterà anche se fosse appeso per i pollici in una segreta della Torre di Londra, o del Castel Sant'Angelo di Roma.
L'intestino pigro del cervello italiano assorbe qualsiasi fanghiglia e dunque prende per buona questa sciocchezza dei due ventenni, come dimostra la sostanziale acquiescenza dei rappresentanti del centrodestra nei talk show. Che cosa pensa lei? È finito il ventennio berlusconiano? E quelli, docili e ipnotizzati, rispondono a tono: «Il ventennio berlusconiano bla bla bla ».
Ora, questo banale e astuto gioco di prestigio funziona perché agisce sul fragile inconscio di chi in definitiva non conosce la storia, la geografia, l'educazione civica e persino la storia dell'arte. Se così non fosse, gli ospiti ipnotizzati dei talk show insorgerebbero: «Ma di quale ventennio del cavolo sta parlando? Ma lei sa contare?».
Berlusconi vinse le prime elezioni nel 1994. Dunque, tanto per cominciare, ad oggi gli anni sono diciannove anni e non venti. Poi: levagli l'anno del governo Dini e sono diciotto. Sottrai il quinquennio di Prodi, D'Alema e Amato e scendiamo a tredici. Togli il biennio Prodi 2008-2010 e sono undici anni. Cancella il biennio cominciato con Monti e che prosegue con Letta ed ecco che il totale del «ventennio» è pari a meno della metà di se stesso: soltanto nove anni. A meno che, gli inventori della puttanata dell'infame «ventennio berlusconiano» (i ventenni sono tutti infami o infausti) non intendano riferirsi soltanto agli anni di effettivo governo di Silvio Berlusconi, ma anche a quelli del suo ruolo di protagonista della scena politica italiana.
Se è così, allora, si può anche convenire che si tratta più o meno di un ventennio, ma si può prevedere anche che questa misura ipotetica non è ancora esausta e tutt'altro che finita. Leggiamo delle complicazioni e limitazioni che verranno con l'assegnazione a non precisati servizi sociali e si vedrà che cosa potrà succedere. E anche delle possibili fratture definitive in Parlamento fra governativi e lealisti, teste quadre e teste tonde, sembra di essere tornati alle guerre parlamentari di un'Inghilterra secentesca e dimenticata.
Il fatto che ci sembra importante da segnalare ai futuri storici con le mani nei capelli, ci sembra sia quello della permanenza di Berlusconi nell'inconscio degli italiani dell'una e dell'altra parte, il suo ruolo di protagonista anche indipendentemente dalla volontà espressa dai politici, dai commentatori, dai giornalisti. È esattamente ciò che i giornalisti stranieri in genere non capiscono: il «fattore B» degli italiani, che prescinde dall'attività stessa di Berlusconi in carne ed ossa, con tutti i suoi guai, i suoi tormenti, le forze che tornano e se ne vanno, le insonnie, la tristezza, le sempre più rare euforie. Al di là di questa persona unica sullo scenario politico mondiale - e che costituisce la tanto chiacchierata «anomalia italiana» - c'è il modo di essere e di sentire del popolo italiano, tuttora in armi e schierato in formazione di battaglia della guerra civile mentale permanente della Repubblica. Quel modo di essere contiene la connessione costante con la figura dell'uomo di Arcore, non importa quali errori abbia potuto commettere. È questo che gli storici dovrebbero esercitarsi fin da oggi a spiegare, e che non riescono a spiegare. L'uomo Berlusconi è stato colpito da una salva di siluri che esplodono a poppa e a prua, teoricamente tutti lo descrivono fuori gioco, e poi vedi i sondaggi, parli con la gente comune e vedi che tutto è ancora vivo e permanente.
Il ventennio berlusconiano? O è una figura retorica subdola, oppure è l'espressione di un fatto contro il quale sbattono il naso coloro che vorrebbero eliminare l'uomo dalla scena: il tempo concesso a questo personaggio fenomenale è ancora nella clessidra, la sabbia seguita a scendere e il rito sacrificale dell'eliminazione di un leader politico per via non politica non arriverà mai a compimento. Mai finché Berlusconi resta vivo e di conseguenza attivo e protagonista, giorno dopo giorno, e lo resterà anche se fosse appeso per i pollici in una segreta della Torre di Londra, o del Castel Sant'Angelo di Roma.
Sai cosa ne penso e di B. e del berlusconismo.
RispondiEliminaVisto da destra è stata la più volgare operazione di sfascio della nazione. Solo che molti di voi "a destra" non vi siete accorti della assoluta incompatibilità con gran parte dei valori tradizionali della destra assorbiti come eravate dall'antagonismo (a parole) con la presunta "sinistra".
La coazione allo sfascio del paese ora PD(L) ha origini lontane.
In realtà non c'è una destra come non c'è una sinistra e non c'è un centro ma una molteplicità di raggruppamenti ideologici più o meno aggregati che stanno spesso altrove nel posizionamento "politico" comunemente percepito.
Pensa che per me i pentastellati, il PD e i comunisti sono la stessa cosa: parole tante e fatti pochi e molta falsa moralità. Ognuno la pensa a modo suo. Il PdL non può resistere a lungo col PD, perchè non condividono niente. Nemmeno la TAV, visto che la finta posizione pro-TAV del PD è solo fatta a scopi elettorali.
RispondiEliminaLa verità è che l'elettorato moderato non ne può più di questa mafia rossa che infetta l'Italia dal '48, solo che ha perso la voglia di andare a votare. Questo perchè ha perso le speranze, e non certo per colpa di Berlusconi, che è stato l'unico a cercare di cambiare qualcosa, ma perchè ha visto che se nemmeno lui ha avuto il potere di fare qualcosa, nessuno potrà farlo.