lunedì 2 gennaio 2012

Un anno d'inferno

Quello che ci lasciamo, almeno per me, è stato un anno da incubo per vari motivi, ma a ben guardarsi intorno lo è stato anche per buona parte del tutt'altro che unito popolo europeo, escluse le solite eccezioni. Oggi La Stampa parlava del mercato dell'auto, specchio della crisi, dicendo che in Italia ha perso il 10% rispetto al 2010. Beh nell'Europa Eurunita le cose non stanno così, in base alla solita media del pollo: il mercato infatti tiene, perdendo appena l'1 per cento. Perchè? Beh è ovvio: la solita Germania, che continua a tirare grazie alla nostra sempre più scarsa concorrenzialità, e grazie alle macchine che le compriamo. Sì perchè a fronte di un'Italia col 10% in meno, di una Francia col 2% in meno o di una Spagna col 18% in meno (eh i miracoli del socialista Zapatero), c'è una Germania col 10% in più. E, manco a dirlo non si parla della Opel, la scassatissima fabbrica d'auto tedesca, ma di VW, Audi, BMW e Mercedes. Insomma, mentre i marchi per il grande pubblico (tipo Fiat, Renault, Opel, Peugeot e Citroen, Toyota, Ford) scendono, chi più chi meno, le macchine da dirigenti e ricconi vari (esclusa la VW che costa solo più cara, ma è più o meno nella stessa categoria di quelli elencati sopra) salgono. Fin qui, nessuna novità, visto che quando c'è crisi si sa che i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. La novità sarebbe quella di iniziare a fare una guerra commerciale seria spingendo sulle marche italiane. Rilanciare un'ammiraglia Alfa (e Lancia) per concorrere con le tedesche entry-level, e usare Maserati per attaccare i modelli top di gamma. Senza trascurare le possibilità derivanti da Crysler. E poi, inziare a tutto campo una santa alleanza con Peugeot e Citroen da parte di Fiat per vincere la guerra commerciali sui modelli economici. I vari veicoli commerciali e i recenti Qubo-Bipper-Nemo sono la prova che le sinergie coi francesi possono funzionare, a giudicare dalle vendite.

Ben vengano poi nuovi produttori a rilanciare Termini-Imerese, come nel caso di DR Motor Company, che più che produrre, assemblerà nell'ex stabilimento Fiat auto economiche con componenti cinesi, tipo le DR1, la DR2 e la DR3. La riqualificazione dello stabilimento darà lavoro a parecchi operai e indotto relativo.

La riscossa passa anche attraverso questo.

3 commenti:

  1. Ci deve essere un'etica anche nella produzione e nell'acquisto di auto.
    Produrre oggetti di qualità a prezzi equi e comprare auto prodotte nazionalmente.
    Ma i tedeschi ci faranno sempre un c_lo così perché il loro senso comunitario, la loro precisione e meticolosità, la mentalità della qualità ovunque è semplicemente non solo assente ma indigesto al grosso della massa italica.

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  2. Non ne sono così convinto. Intendo, della qualità delle auto tedesche, almeno a giudicare da quello che ho sentito da molti che le hanno comprate. Ovvio che non sto riferendomi ad Opel che è quello che è, e non è mai stata un granchè, ma a VW e Audi, e alle solite BMW e Mercedes. Problemi ai motori (due amici hanno fuso il motore di una Passat e di una Golf dopo 10.000 km), cattiva tenuta di strada (due gocce d'acque e il meraviglioso ESP va a farsi benedire su una Mercedes E da 60K euro su un rettilineo con sbandata, io testimone visto che ero il passeggero). Passando dai disastri della Classe A che si ribaltava, et cetera. Ho l'impressione insomma che ci sia molta pubblicità e molto fumo. Per contro ho parecchi amici che su varie piccole e medie del (bistrattato) gruppo Fiat hanno sfondato la soglia dei 300.000 km senza gran manutenzione, e continuano a comprare Fiat o Alfa (a seconda delle tasche). Se avessi voglia di un'ammiraglia straniera (non è il mio caso, meglio una moto), onestamente, visti i prezzi e l'affidabilità, sceglierei senz'altro una Lexus, tutta un'altra roba dai barconi tedeschi. Sarebbe ora comunque di vedere di nuovo un'ammiraglia Alfa: ci vuole una risposta italiana e ci vuole presto.

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  3. Le auto italiana hanno un rapporto qualità / prezzo più favorevole di quelle tetesche di Cemania.
    Ma c'è molta moda.

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